Tuesday, June 14, 2011

The Man Who Screwed Up

Senza dubbio The Economist è un settimanale autorevole ed una fonte affidabile di notizie di cronaca, economia, politica, affari e finanza.
Ho cercato di leggerlo più volte, ma dopo un paio di pagine la sonnolenza l'ha sempre avuta vinta.
Senza ombra di dubbio la rivista si rivolge ad un pubblico di lettori d'élite, influenti uomini d'affari e politici. Infatti, non a caso, non ne faccio parte.
Quando lavoravo al Gruppo Food a Milano acquistavamo da The Economist Group alcuni contenuti, per cui lo vedevo ogni settimana tra le altre riviste. Mi fissava.
Riuscivo a leggere soltanto un paio di articoli. Nel tempo libero sono tuttora più attratta da un quotidiano, da un buon libro o da un ammiccante numero di Vanity Fair.

Questa settimana ho comprato The Economist e mi sono letta tutto lo speciale.

Lo speciale si intitola: "The Man Who Screwed Up a Country" ed il man in questione é naturalmente Berlusconi.
"What do the following countries have in common: Madagascar, Bahamas, Kiribati, Togo, Brunei, Saint Kitts and Nevis, Central African republic, Haiti, Cote D'Îvoire, Liberia, Eritrea and Zimbabwue? Their Economies all performed worse then Italy's over the the past decade in terms of growth per person. This is not the sort of company that Italy is accustomed to keeping, but unless it can shake off its torpor it may have get used to such unflattering comparisons."
"Silvio Berlusconi has been the dominant figure in Italian politics for 17 years, more then a tenth of Italy;s life as a nation.
To attribute too much praise or blame to him for the state of Italy today is to exaggerate the power of one man, even a billionaire who has used his money to create a his own political party, reached the country's highest elected office and then used it to preserve his interests. If Italy is patient with some peculiar complaints, Mr Berlusconi is more the symptom then the cause. Still, to some extent, he has shaped the country in his image...."

Milleduecento metri

Oggi mi sono avventurata per la terza volta verso la palestra di Oakham, costruita da poco. Questa volta però ci sono pure entrata.

La prima volta, circa un mese fa, mi avviai verso il tempio del benessere non troppo convinta, spinta da una forza sconosciuta che non riuscì ad impossessarsi di me sino in fondo.
Seguii le indicazioni fornite da Richard, un signore di mezza età che viene a lezione di italiano da me tutti i giovedì, e mi trovai davanti ad una scuola, come mi aveva anticipato, ma non vidi nessuna palestra all'orizzonte. Ferma davanti a questa scuola d'acciaio e vetro, scintillante al sole, sigillata da porte scorrevoli, fui colta da un immotivato imbarazzo, non ebbi il coraggio di entrare per chiedere indicazioni per la palestra e tornai a casa. Lo presi come un segno del destino.

La seconda volta, dopo essermi fatta rispiegare dettagliatamente da Richard dove si trovava il cimitero delle tossine rispetto alla scuola, ci riprovai, dopo essermi convinta che se non l'avessi fatto mi sarei trasformata in un cumulo di adipe con due piedi, assuefatto alla dieta britannica. Mi trovai finalmente davanti alla palestra, entrai e chiesi informazioni.
Mi diedero un volantino che avevo già a casa, mi era arrivato per posta.

Oggi sono tornata. I miei piedi sono partiti convinti di andare a nuotare in piscina, mentre il cervello cercava di spiegare loro che l'acqua sarebbe stata certamente gelida e che forse non era la giornata adatta a nuotare per quel dolore alla base del collo che stava trasformandosi in mal di testa, non avevo nemmeno gli occhialini, avrei perso le lenti a contatto, ma i piedi non hanno voluto ascoltare e così mi sono trovata in piscina.

Ne avevo bisogno.
L'acqua solleva il corpo e l'anima, alleggerisce i contenuti dei corpi e dei cervelli.

Ho nuotato per un chilometro e duecento metri, in onore del tempo lontano in cui fui una persona sportiva.
Il tempo in cui probabilmente sportiva era l'unico aggettivo che sarebbe venuto in mente a chi avrebbe dovuto descrivermi.
Per una stagione intera arrivai sempre prima e seconda nei milleduecento metri su pista e campestri in provincia di Alessandria.
Arrivai più seconda che prima, ma ad una ragazzina di dodici, tredici anni, la provincia sembra un continente.

Mentre nuotavo per milleducento metri mi sono ricordata di come da ragazzina, da totalmente negata per il mezzofondo, diventai portata, la migliore del gruppo, diventai una che poteva anche non fermarsi mai, una che poteva continuare a correre senza stancarsi.

Mio padre mi aveva comprato in edicola un corso di memorizzazione, lettura veloce e autodisciplina. Mio padre comprava tutti i corsi esistenti dal giornalaio.
Dopo aver ascoltato una cassetta che faceva parte del corso, una sorta di training autogeno, una guida al rilassamento mentale, rimasi colpita e decisi di provare a ricreare lo stesso stato mentale mentre correvo.

Funzionò come una formula magica, gradualmente non mi stancai più, mi venne voglia di vincere e chiaramente, semplicemente come per tutte le cose che non sembrano semplici ma lo sono, iniziai a vincere.

Per questo oggi ho nuotato esattamente milleduecento metri, per ricordarmi di quanto basta avere le idee chiare e seguirle.
Per cercare di seguire ancora queste semplici verità che la letteratura, i film, i corsi e i manuali New Age degli anni '90 hanno fatto diventare ridicole.