la musica nella mia casa natale era una cosa poco frequentata, ma c'era di altri suoni un arsenale: mia madre, natura appassionata, scagliava spesso e pure volentieri piatti, ciabatte, barattoli e bicchieri in direzione di sua figlia snaturata, (la sottoscritta) ma pur agile, spigliata,
che con scatto di gatta navigata, schivava suppellettili violente e con contegno docile e dolente poneva fine alla litigata. Tra vari smack finiva la tenzone: era come una bellissima canzone sentita a un rave tecno-industriale dal quale era impossibile scappare.
Passiamo al padre, mio padre urlava, sembrava la sirena di una nave o un licantropo con un morbo grave, la sua voce era una grossa clava. Ma can che abbaia non morde si suol dire e infatti, lasciandolo finire, in casa nostra tornava l'armonia c'era intesa, gioco, pure allegria.
Lui era molto bravo nel rimare e tra liti e urla nevrasteniche, inventava filastrocche psichedeliche e nel disegno ci sapeva fare: paesaggi, animali immaginari, mappe di paesi straordinari, che ti veniva voglia di esplorare e pure di andarci ad abitare.
Questa fu la colonna sonora fino all'adolescenza turbolenta quando, ormai lontana la placenta, decisi che era arrivata l'ora, se volevo una musica incruenta, di cantarmela e suonarmela da sola. Apriti cuore a ogni melodia che causi di scontento l'amnesia!
Come animale famelico e digiuno mi aggiravo in cerca di un suono, che sapesse del tutto e in un tutt'uno vibrare con me all'unisono. Dentro di me trovai la poesia, mi accorsi che sorgeva naturale se mi trovavo senza anestesia in qualche condizione eccezionale:
spuntava fuori se mi innamoravo, se provavo una forte delusione, per la bellezza di una canzone, per un profumo mentre camminavo, per sfida, per rabbia, per dispetto, per sentire che ero ancora intera, per la gioia di alzarmi dal letto, per la tristezza che prende verso sera.
Era legata all'emozione, come la voce quando non bara, come la mano che ti accarezza e con quel gesto si dichiara. Era come guardare il mare e l'onda che viene a rompersi a riva: una cosa che non puoi fermare come la musica quando arriva.
Così da allora io cerco i suoni e sondo la sintassi per trovare quell'unica parola che mi intoni al mondo che ho voglia di cantare: per proteggermi dai frastuoni, per non farmi anestetizzare, per curare le antiche ustioni, e non stancarmi di amare.
Francesca Genti è in libreria con La ballata di Nina Simone (Harper Collins Italia) |