Il ticchettio di un paio di scarpe, la gente che mangia con la bocca aperta, lo stridere di cento coltelli in una pizzeria maledettamente silenziosa con quadri di nostromi e velieri, il raschiare la pentola, il gesso sulla lavagna, le tonalità sbagliate stonano l'armonia del mio povero cervello.
L'esistenza di certi suoni è una maledizione divina.
Concerti stonati sull'asfalto improvvisati da sognatori troppo impegnati a specchiarsi, a scegliere la felpa giusta, inglobano tutti i suoni udibili dalle nostre orecchie che si accartocciano.
"Cosa ne dici?"
"Non capisco il genere, ma credo siano bravi."
"Che talenti, non vedo l'ora di andare a dormire."
"Scusa non ti sento, parliamo dopo, dopodomani, tanto non abbiamo niente di interessante da dirci."
Non ci sono le zanzare, non è ancora primavera.
Sono già state dette tutte le cose, fatti collage delle cose già dette, anagrammate le cose ricordate e riproposte in disegni.
Era dell'inquinamento acustico.
Quest'anno va di moda il muto.
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