Tuesday, May 16, 2006

Inquinamento acustico

Il ticchettio di un paio di scarpe, la gente che mangia con la bocca aperta, lo stridere di cento coltelli in una pizzeria maledettamente silenziosa con quadri di nostromi e velieri, il raschiare la pentola, il gesso sulla lavagna, le tonalità sbagliate stonano l'armonia del mio povero cervello.
L'esistenza di certi suoni è una maledizione divina.
Concerti stonati sull'asfalto improvvisati da sognatori troppo impegnati a specchiarsi, a scegliere la felpa giusta, inglobano tutti i suoni udibili dalle nostre orecchie che si accartocciano.
"Cosa ne dici?"
"Non capisco il genere, ma credo siano bravi."
"Che talenti, non vedo l'ora di andare a dormire."
"Scusa non ti sento, parliamo dopo, dopodomani, tanto non abbiamo niente di interessante da dirci."
Non ci sono le zanzare, non è ancora primavera.
Sono già state dette tutte le cose, fatti collage delle cose già dette, anagrammate le cose ricordate e riproposte in disegni.
Era dell'inquinamento acustico.
Quest'anno va di moda il muto.

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