Sunday, September 19, 2010

Vento furioso

Spesso mi chiedono se non ho paura ad abitare in un cimitero.
Dico sempre di no.

In effetti non ho paura.

Una sera, pero', ero a casa da sola e si alzo' improvvisamente un vento furioso: si mise a scuotere le cime degli alberi, a far traballare le grondaie a far svolazzare carte e recipienti abbandonati.

Ero a letto, sotto le coperte, soltanto il viso fuori, pronta ad abbandonarmi tra le braccia di Morfeo.
Mi ero scordata di chiudere le tende della finestra di fronte al letto.
La luce della luna era fioca e dalla finestra intravedevo la sagoma della cappella in fondo alla via, gli alberi, non le tombe.
Colta da una pigrizia indiscutibile lasciai le tende aperte e mi convinsi che la vista del paesaggio esterno non avrebbe turbato il mio sonno.

Il vento inizio' ad arrabbiarsi sempre di piu', a far tintinnare le cantene del cancello, a far tremare i vetri, la casa scricchiolava.

Per un attimo il vento spari' ed iniziarono a sentirsi i lamenti di tutte le anime, imploranti, sofferenti, arrabbiate, disperate.

Questo duro' trenta secondi.
Per altri trenta secondi mi chiesi se chiudere le tende sarebbe stata una mossa furba o sarei morta nel percorso di quei tre metri.
Accesi la luce e chiusi le tende di corsa, risaltando nel letto.

Mi rituffai tra le braccia di Morfeo e chissa' quali terribili sogni feci, fortunatamente al mattino non li ricordai.

Colpi di fortuna

Stavamo tornando dal viaggio di nozze la settimana scorsa, quando all'aereoporto di Napoli una hostess ci chiede: "Vorreste rimandare di alcune ore la vostra partenza? C'e' un overbooking sul volo che avete prenotato. Vi trasferiremo 250 euro a testa sul conto per la vostra gentile comprensione".
Dopo dieci secondi abbiamo risposto: "Certo, va bene".
Cosi' ce ne siamo andati a vedere Pompei e ci siamo ripresentati la sera.
Un colpo di fortuna.

Ci siamo fermati a dormire a Stansted e ci siamo riavviati verso casa il giorno successivo.

Tornati ad Oakham i custodi del cimitero in cui viviamo (si', abitiamo dentro ad un cimitero, proprio dentro) ci aspettavano al cancello.
"Che carini", ci siam detti, "ci vogliono salutare".

Invece, dal momento in cui nulla si crea e nulla si distrugge, al colpo di fortuna doveva seguire un secco colpo di sfiga.
"Vi hanno svaligiato la casa" ci dicono i custodi, "andate a vedere".

Siamo scesi dalla macchina increduli e mio marito mi ha ordinato di non entrare in casa assolutamente. "Caspita", mi son detta,"che controllo e quanta razionalita'! Pensa alle impronte digitali. Non vuole che tocchi nulla per non compromettere le prove."

Il novello sposo entra in garage in tutta fretta e penso: "Che c'entra il garage? Chissenefrega, ci sono solo dei rottami li' dentro!"

E mentre ero assorta nei miei ragionamenti, se ne esce trionfante dal garage con cinquanta rose rosse, mi prende in braccio, almeno cerca di farlo, non ho certo mangiato poco in vacanza, ed apre la porta di casa.
Come da copione.
Abbiamo controllato cosa avevano rubato dopo.
Non ce ne fregava nulla.

Questa e' una storiella schifosamente romantica, lo so, un po' troppo.
Ci sono paricolari non romantici che ho omesso volontariamente.
(L'entrata da film era un questione di scaramanzia o semplicemente il trionfo dell'amore?)
Perche' le cose sono come le vuoi vedere e io e mio marito le vediamo cosi', anche per questo ci siamo sposati.
Non potevamo fare altro, ci dovevamo sposare.
Volevo scrivere qualcosa sul senso matrimonio, ma non mi venivano le parole.

Cosi' doveva essere e basta, inutile cercare di razionalizzare.

Da «Il Profeta» Kalhil Gibran

Allora Almitra di nuovo parlo' e disse: Che cos'è il Matrimonio, maestro?
E lui rispose dicendo:
Voi siete nati insieme e insieme starete per sempre.
Sarete insieme quando le bianche ali della morte disperderanno i vostri giorni.
E insieme nella silenziosa memoria di Dio.
Ma vi sia spazio nella vostra unione,
E tra voi danzino i venti dei cieli.

Amatevi l'un l'altro, ma non fatene una prigione d'amore:
Piuttosto vi sia un moto di mare tra le sponde delle vostre anime.
Riempitevi l'un l'altro le coppe, ma non bevete da un'unica coppa.
Datevi sostentamento reciproco, ma non mangiate dello stesso pane.
Cantate e danzate insieme e siate allegri, ma ognuno di voi sia solo,
Come sole sono le corde del liuto, benché vibrino di musica uguale.

Donatevi il cuore, ma l'uno non sia di rifugio all'altro,
Poiché solo la mano della vita può contenere i vostri cuori.
E siate uniti, ma non troppo vicini:
Le colonne del tempio si ergono distanti,
E la quercia e il cipresso non crescono l'una all'ombra dell'altro.