Wednesday, March 04, 2009

Natura morta - da "L'Eleganza del Riccio"

"E' così estenuante desiderare incessantemente...ben presto aspiriamo ad un piacere senza ricerca, sogniamo una condizione felice che non abbia nè inizio, nè fine e in cui la bellezza non sia nè finalità, nè progetto, ma divenga la certezza stessa della nostra natura.
Ebbene questa condizione è l'arte.
...
Nella scena muta, senza vita nè movimento, si incarna un tempo privo di progetti, una perfezione strappata alla durata ed alla sua logora avidità - un piacere senza desiderio, un'esigenza senza durata, una bellezza senza volontà.
Giacchè l'arte è l'emozione senza il desiderio."
Muriel Barbery

Il romanzo ha deluso un pò le mie aspettative, peraltro molto alte, poichè mi era stato consigliato con entusiasmo e lo ritrovavo sempre in cima alle classifiche.
E' come quando quelle amiche innamorate di fresco ti parlano del loro nuovo fidanzato e lo elogiano senza tregua per le tue povere, sfinite orecchie: il fidanzato immaginato sarà sempre più deludente di quello reale.
"L'Eleganza del Riccio" possiede un nitidezza cinematografica delle immagini.
Ci troviamo in un palazzo aristocratico nel centro di Parigi: la storia di una portinaia, che pare il classico stereotipo della portinaia.
Scopriamo presto che la signora cicciottella, mentre finge di guardare programmi trash, ascolta di nascosto musica classica e legge testi filosofici. La singoalre storia di questa signora si intreccia con quella di una dodicenne figlia di un ricco deputato, che rifiuta i giochi ipocriti degli adulti che la circondano e cerca in tutti i modi di differenziarsi, decidendo anche di porre fine alla sua vita per non dover sopportare tutta quella superficialità. La salverà soltanto l'incontro con la portinaia filosofa, dal quale nascerà una profonda amicizia.
Le dissertazioni filosofiche sono sempre argute, ma irrigidiscono lo scorrere del tempo.
La trama che blocca lo scorrere del tempo nella finzione, la trama che si inceppa, è paura della morte, paura del divenire.
Le stesse figure del romanzo vorrebbero essere diverse, ma non riescono ad uscire dal loro guscio, peepetuando questo "vivere di una grandezza latente".
Svevo viveva di una grandezza latente e rimaneva inerte e soddisfatto nell'immaginare quello che avrebbe potuto fare, compiaciuto, nel suo cimitero dei buoni propositi.

No comments:

Post a Comment