Thursday, April 05, 2012

Suburbia



Prima, mentre correvo, il sistema che pesca le canzoni a caso dall'Ipod mi ha proposto "Suburbia", dei Pet Shop Boys. Mi è arrivata una scarica di adrenalina che mi ha fatto incontrollatamente accelerare, non riuscivo a fermarmi, un riflesso pavloviano. Poi mi sono ricordata.

Quando alla fine delle elementari, o forse erano già le medie, ascoltavo e riascoltavo una delle cassette dei Pet Shop Boys di mio fratello, mi gasavo particolarmente con la canzone "Suburbia".
Avevo capito che parlava della vita di periferia e mi ero perfettamente immedesimata nel personaggio. Con "Suburbia" sognavo di fuggire verso una vita più stimolante, certo via della periferia pensavo, in realtà intendevo fuga dalla mediocrità, dalle cose prestabilite, stantie.
Vivevo a Valenza, cittadina di circa ventimila abitanti, in quella che io definivo periferia. La possiamo ancora definire periferia, perché ci vogliono dieci minuti pieni per raggiungere la piazza del centro. Sentivo di appartenere ad un'altra categoria rispetto a quelli che abitavano per esempio nelle villette a schiera, o nei palazzi del centro. I miei genitori avevano comprato un appartamento in un palazzo e proprio di fianco gli avevano costruito le case popolari, due anni dopo.
Non "delle case popolari", quelle che per me sono state sempre "le case popolari" per antonomasia.
Esteticamente erano praticamente uguali alle nostre. Da fuori soltanto, ci tenevo a specificare. Quando dicevo di abitare in via Volta, qualcuno osava chiedere: "Alle popolari?", chiaramente specificavo che no, non abitavo alle popolari.
Abitare alle popolari sarebbe stata una vergogna. Con il tempo ho imparato che a Valenza non esisteva periferia. Che non esisteva altra cittadina come Valenza dove operai orafi guadagnavano più dei dirigenti negli anni ottanta e novanta. Dico esisteva perché ora a Valenza tanti sono disperati. Non è più così, non ci sono più soldi e la maggior parte delle persone non si sa adattare, non riesce a rinunciare a nulla. E non c'é rimedio alla noia, a quella inquietante patina di superficialità che non si lava via.
Già durante le vacanze studio delle superiori trascorse in Inghilterra avevo avuto modo di intuire che forse i Pet Shop Boys intendevano un'altra cosa per periferia. Dopo aver conosciuto alcuni ragazzini, figli di famiglie che vivevano soltanto con il sussidio dello stato e lo spendevano comunque in alcol e sigarette, costretti a rubare dai genitori, iniziai a farmi un'idea. Basta buttare un occhio dentro alle case delle periferie di alcune città inglesi per capire che la periferia è un'altra cosa. E la si trova anche in Italia, certamente. Ma non ho mai visto così tanti bambini abbandonati a se stessi.
Generati soltanto per avere più soldi dallo stato. Allora volevo chiedere scusa ai Pet Shop Boys, io volevo solo fuggire dalle giornate noiose, dalle mie nonne che non mi lasciavano uscire da sola.
Mentre stavo scrivendo queste righe ho fatto una veloce ricerca su Google. E che ci trovo? I Pet Shop Boys si sono ispirati a Los Angeles. Vabbe' sarà pure peggio.

No comments:

Post a Comment