Wednesday, March 12, 2008

Paste e domenica



C'è un signore che passa velocemente, tenendo un vassoio di paste incartato ed infiocchettato, come un equilibrista, aspetto l'autobus numero 3, arancione, che identifica il centro ed una nauseante familiarità che in ogni luogo prima o poi ritrovo.
Domenica mattina, non è andato a Messa, ma ha comperato il giornale che leggerà comodamente sulla sua poltrona in pelle fredda.
Fredda come lo spazio ridotto che c'è tra lui e la moglie, sono venti centimetri gelidi e sovraccarichi di eletttricità negativa.
A 421 chilometri dalla sua poltrona c'è una donna alta e con le mani senza nodi, da quelle parti soffia una corrente calda, da quella città alla sua, come un tubo, direttamente a casa sua, ma questo è un altro discorso.
Sull'ascensore si appoggia allo specchio e sbuffa, si guarda le mani e si sente di non aver toccato più nulla.
A casa il pranzo è ponto, i figli sono davanti alla playstation intenti ad immaginarsi nella foresta amazzonica insieme a Dragon Ball.
C'è tensione e tutto odora di domenica.
Lui crede di far felice tutti con le paste, che compra dal 1992, tutte le domeniche.
La moglie odia quelle paste e glielo vorrebbe dire dal 1993, non lo fa perchè ha paura che ci rimanga male.
E questa fottuttissima paura li tiene tutti immobili, incollati, nella condizione più tremenda di felicità inappagata.
Chi se ne andrà per primo?
Il cane. Il cane muore per un attacco cardiaco l'anno dopo.

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